cis Musonem Il percorso che proponiamo è sicuramente molto interessante soprattutto perché si sviluppa quasi per intero su sterrato, tratturi e piste ciclabili, seguendo le rive dei corsi d’acqua che scorrono all’interno del graticolato Romano di Padova. Fra i corsi d’acqua il più importante, dal punto di vista storico, è sicuramente il Muson Vecchio, che segnava il confine fra la "centuriazione (o graticolato) cis Musonem", (al di qua -cis- del fiume Muson) e il municipio di Altino come conferma la scritta “Muson Mons Athes certos dant mihi fines” sul sigillo medievale della città di Padova. Il Muson “Vecchio” è un fiume di risorgiva che nasce nel territorio a nord di Loreggia (PD) e all’altezza di Camposampiero piega a sud est, entrando nel territorio di Massanzago, per poi giungere a Mirano dove diviene Canale Taglio e confluire poi nel canale Nuovissimo, oltrepassando il Naviglio Brenta a Mira. Al Muson Vecchio è legata anche la storia del Muson dei Sassi, fiume che nasce a nord di Asolo per sfociare nel Brenta, all’altezza di Pontevigodarzere. Il percorso del Muson dei Sassi è un tipico “rettifilo” intuendo così che è un fiume “artificiale”, frutto delle imponenti opere idrauliche della Serenissima per la difesa della laguna. Prima del 1600 il Muson Vecchio si univa in unico alveo con il Muson di Asolo (dei Sassi) a Camposampiero quindi, dopo aver attraversato il territorio miranese, sfociava in laguna ai Bottenighi costituendo la via più diretta, sicura ed economica per giungere a Venezia. Mentre il Muson di risorgiva era un fiume calmo e con acque limpide, il Muson di Asolo era impetuoso (lo è ancora e in occasione di piogge torrenziali rappresenta un problema serio per le località che attraversa) e portava con sé notevoli quantità di detriti destinati in laguna. da qui il toponimo “dei Sassi”. Già nel ‘400 Venezia inizierà le sue immense opere idrauliche scavando il canale Tergolino che all’altezza di Loreggia deviava parte delle acque del Muson di Asolo nella Tergola e da questi nel Brenta. Nel 1604 i veneziani decisero di deviare il corso del Muson verso la Brenta Magra (oggi Naviglio Brenta) e poi nel canale Novissimo (1610), dando avvio allo scavo del Canale Taglio e alla contemporanea “chiusura” del ramo che partendo all’altezza di Salzano arrivava in laguna, toccando le località di Spinea e Chirignago. Questo ramo del Muson è oggi conosciuto come Rio Cimetto. Nel 1612, in concomitanza con la conclusione dei lavori del Canale Taglio, la Serenissima decise di separare il Muson di risorgiva da quello di Asolo avviando lo scavo di quello che oggi conosciamo come Muson dei Sassi. Il termine “Vecchio” sta quindi a indicare ciò che resta del corso originale del fiume. Durante il medioevo, il Muson Vecchio venne a costituire uno dei confini (da Treviso) più importanti dei possedimenti di Padova per cui il fiume era ben sorvegliato e difeso da fortificazioni, come dimostra una stampa del ‘600 (Antiqui Agri Patavini Chorographia, conservato al Museo Civico di Padova) che riproduce un disegno quattrocentesco dove è ben evidenziato il Serraglio del Muson, con riferimento ai castelli di Mirano, Stigliano, Rustega e Noale. Nel 1520, dopo la conclusione della guerra contro la lega di Cambrai, il Senato della Serenissima decreterà la distruzione o la trasformazione di tutte le fortezze e i castelli costruiti dai Carraresi, con particolare riferimento al cosiddetto “Serraglio del Muson”. Saranno rase al suolo le mura del Castello di Mirano, di Zianigo, di Robegano; il castello di Stigliano fu adibito ad abitazione, mentre il castello di Noale si salverà perché destinato a essere la sede del Podestà. Il Muson Vecchio fu usato spesso anche come arma offensiva: nel corso del 1300 i Carraresi, signori di Padova, tentarono di aumentare la portata del fiume per favorire l’interramento della laguna in funzione antiveneziana e più volte ruppero gli argini per inondare le campagne dell’avversario e provocarne la rovina. Il centro urbano più importante lungo le rive del Muson era senza dubbio Mirano, importante porto fluviale che rivestiva una grande importanza per gli intensi traffici di persone e di beni con la vicina Venezia. In Mirano, almeno fino allo scavo del canale Taglio, vi era una numerosa confraternita di barcaroli, come testimonia anche la ‘Mariegola’ conservata al Museo Correr. Il Muson Vecchio è oggi in gran parte canalizzato e scorre in un paesaggio ben lontano da quello antico (ricco di foreste e paludi), e attraversa un territorio prevalentemente agricolo destinato a colture intensive, dove sono quasi assenti zone boschive o destinate a pascoli. Oltre ai punti fortificati, lungo le sue rive, furono costruiti molti mulini alcuni dei quali sono ancora esistenti (Mulino Baglioni a Borgoricco, Mazzacavallo a Zemignana, quello di Stigliano e ai Mulini di Sopra a Mirano ora ristorante) anche se non più funzionanti. Dopo il Muson Vecchio e quello dei Sassi percorreremo le rive del fiume Tergola, che nasce da fosse di risorgiva, dette “Le Sansughe”, poco distanti da Cittadella, attraversa la Palude di Onara (Area Naturalistica), e quindi dopo 36 Km. sfocia nel Naviglio Brenta all’altezza di Strà. Come il Muson Vecchio anche la Tergola, essendo un fiume di risorgiva, è caratterizzato da acque stabili e controllabili, adatte ad azionare le pale dei mulini. L’attività molitoria, lungo le rive del Tegola rappresentò un fattore fondamentale per l’economia locale, tanto che dal XVI secolo il governo della Serenissima inserì tale attività all'interno di un disegno unitario, fissando dal 1754 le quote di livellazione dei mulini, talvolta ancora visibili. Nel Settecento si contavano circa venti mulini tra la Tergola e il Vandura e qualcuno di questi ancora esiste, come quello che incontriamo a nord di Codiverno detto “mulino di Quattro Cà”, oppure quello del castello di Peraga, in totale stato di abbandono. In località Torre di Burri (San Giorgio delle Pertiche) la Tergola riceve le acque del fosso Vandura e subito dopo sottopassa il Muson dei Sassi e all’altezza di S. Andrea di Codiverno si sdoppia per ricongiungersi, dopo alcuni chilometri, in località Ca’ Bettanini. Proseguendo verso valle arriva fino al Nodo idraulico Fiesso d’Artico Nord-Ovest (briglia di regolazione Salgarelli), dove dà origine allo scolo Veraro e al Rio Serraglio, che confluiscono entrambi nel Naviglio Brenta, il primo a Strà, il secondo a Mira e come il Muson Vecchio, attraversa zone prevalentemente agricole, destinate a colture intensive. Dopo la Tergola, seguiremo il corso del rio Serraglio, (lungo circa 13 chilometri) che sfocia come affluente di sinistra del Naviglio Brenta, all’altezza di Mira Porte, dopo l’attraversamento del Canale Taglio, tramite una “botte a sifone” (Nodo idraulico Serraglio-Taglio di Mirano). Del Rio Serraglio si hanno notizie certe sin dal 1449, quando in una delle prime mappe riguardanti la zona, viene messa in risalto una vasta depressione paludosa (“palludo”) a nord-est di Mira Vecchia (chiamata a quel tempo solo “Mira”), delimitata dai fiumi Serraglio e Pionca. Nella mappa sono segnalate due torri di difesa del Serraglio di Arino-Cazzago, torre Asinara e torre della Stradella con riferimento alla “piccola strada”, che da Cazzago (ponte sul Serraglio) conduceva a Mira Taglio a ridosso della chiesa di Cazoxana. Oggi la “stradella” corrisponde all’attuale via Molinella. Sotto la torre Asinara, la scritta “Le posesion fo de Madona Malgarita dise eser qui”, identifica terre vendute nel 1426 da Margherita, figlia naturale di Francesco il Vecchio da Carrara e vedova di Bongiacomo da Mantova, ad Andrea Corbelli. Oggi quest’ultima parte della strada non esiste più, e nella sua parte terminale la via Molinella percorre la strada indicata nella mappa come “Via va ala stradella dala Brenta”…. In una copia del 1523, su disegno del tardo Quattrocento nella quale non sempre i nomi sono corretti, si evidenzia la “stradella” ma al centro del disegno è ben evidente l’isola e “quattro” torri del Serraglio di Arino, allineate lungo la sponda e circondate dall’acqua del fiume Serraglio. Dalla torre Asinara partiva una strada campestre o carezor che portava all’osteria di Mira e che segnava il confine fra le diocesi di Padova (sotto cui era Cazzago) e Treviso (sotto cui era allora Mira). Infine, per ritornare a Mirano, l’ultimo corso d’acqua che seguiremo è il Canale Taglio, di cui abbiamo ampiamente parlato, riferendoci al Muson Vecchio. |
||||